martedì 1 novembre 2016

Eroi invincibili

Allora. 
La fortuna è che in questi mesi mi trovo in Italia. Non so ancora se ci resterò o ripartirò. 
La fortuna è che do una mano ai miei vecchi con le loro cose: orto, bestie, casa, buttare via roba vecchia, fargli compagnia. 
La fortuna è che mi godo quel che mi è mancato per un bel po'. E cioè tutto questo.

La sfiga è che sono in lista di attesa per un intervento e guarda caso, il servizio sanitario nazionale funziona benissimo proprio quando non è necessario e quindi a giorni mi chiamano. 
La sfiga è che mio padre un intervento lo ha appena fatto. 
La sfiga è che non cammina. 
La sfiga è che gli si può rompere quel coso che gli hanno messo al posto dell'anca con una scorreggia di gallina. 

La sfiga è il terremoto. 

Non lo avevo mai sentito il terremoto, io. Fa paura da bestia, perché non è come la guerra: quella teoricamente, ipoteticamente, utopicamente, la puoi anche fermare. Il terremoto mica funziona che tutti decidono che deve smettere e quello smette. 
Ma la cosa che fa più paura è quando cresci e anche se nella vita non hai combinato un cazzo, ti tocca il passaggio del testimone: sei tu che ora ti devi prendere cura dei tuoi genitori. 
Non è che proprio non l'ho mai sentito un terremoto. Solo che quelli del 26 e del 30 Ottobre mi hanno devastata. Non per l'evento in se': sto con uno che i terremoti li studia, mi ha ben educata alla questione sisma. Ma per l'incolumità di chi ti sta vicino. Ed è qui che ti senti di dover diventare responsabile di quelli che per una vita sono stati i tuoi eroi invincibili: mamma e papà.
Così è stato ed è tutt'ora in queste ore di panico. Non lo fai, ma vorresti piangere un casino fino a farti venire il mal di testa e gli occhi gonfi. E allora "Papà, se ne viene una brutta ti prendo in spalla, in braccio, ti trascino. Non importa se ti spacco lo spaziatore, quello si rifà. Tu magari piglia qualche antidolorifico nel frattempo. Dormi vestito. Mamma, preparo lo zaino, ci metto le medicine del papà." 
...

Non fa per me. Io non ce la faccio. Anche se in questa casa niente è crepato e per ora il vero terrore è nel cuore dei miei compaesani pochi chilometri più a sud, non riesco a fare la doccia per paura di dover correre nuda ad aiutare i miei. Io lo so che crollo. Io ho ancora 8 anni e tengo per mano la mia mamma e la abbraccio e la bacio e piango perché voglio stare con lei e con nessun altro. Io ho ancora troppo bisogno dei miei eroi invincibili e questo fottuto terremoto doveva aspettare un po', almeno fino a quando mio padre sarebbe tornato a correre dietro ai fagiani e ai caprioli e a cristonarmi dietro che sono una pelandrona. 

lunedì 27 giugno 2016

Cicale e vento.


26 Giugno 2016. Il caldo torrido è arrivato da appena un paio di giorni in Italia, ma fortunatamente oggi si è alzato un tiepido vento che asciuga la pelle umida di sudore. Nel quieto e deserto paradiso in cui mi trovo momentaneamente, lo stridio delle cicale non riesce a mascherare il rumore della sfilata di auto che a cadenza ritmata, giunge al cospetto dell'unica dimora presente nelle vicinanze. 
Una dopo l'altra, con rispettoso silenzio arrivano dinnanzi al nostro cancello e fanno manovra, per risalire qualche decina di metri ed accostare sulla strada sterrata, di fronte all'ingresso della casa. Non riesco a vedere le persone che ne escono, ma le sento camminare con altrettanto silenzio e sparire nel giardino dei vicini, poi dentro la casa, poi più niente. 10 minuti al massimo. 15 i più temerari e poi di nuovo i passi dalla casa al giardino, all'auto e poi il motore li riporta via. 

Una coppia di tedeschi di mezz'età, senza figli, senza chiasso, senza storia. 
Arrivati qualche anno fa, quattro, forse cinque, hanno comprato e, con minuziosa cura, ristrutturato la casa qui a fianco, si vocifera ci sia all'interno anche una piccola chiesetta. 
Non si sono portati nulla della Germania, mai nessun parente, rari amici. All'inizio c'era un cane, evidentemente ora morto. Due gatti forse. Ma forse autoctoni. Una vita nuova da trascorrere isolati dal mondo, in un paradiso che ora gli apparteneva, con vicini saltuari ed immersi nella natura. 
Il posto perfetto per la vecchiaia. 
Lei dev'essere verso la fine di un cancro al cervello, lui l'accudisce. 
Per questo le auto. Vengono a visitarla, a trovarla per un'ultimo saluto, per curiosare, per vedere cosa vuol dire essere vicino alla fine. E scongiurarla per se stessi. 

Pensa che stronza la vita: a 60 anni molli tutto e tutti, vendi quello che hai, cambi nazione, cambi vita. Compri una casa, la sistemi, ti mantieni in forma facendo sport, lunghe passeggiate, mangiando sano, tagliando il prato, aiutando i muratori, rifacendo il tetto, il giardino, i muri, tutto. Finalmente finisci, te la godi due anni la nuova casa, da solo, senza nessun altro, senza legami, senza passato e senza storia.
E ti viene un cancro del cazzo.

Le cicale continuano a fare un gran casino, il vento soffia e noi facciamo anche la grigiata. 
Ma si sente che sta arrivando. Questione di ore, pochi giorni. 



martedì 24 maggio 2016

Fame di tutto


Preambolo: ho ritrovato questa bozza di post e la ripropongo nuda e cruda. Credo volessi creare una sorta di diario che registrasse il mio tentativo di smettere di fumare. Solo che lo ho abortito in poche ore. 
Alla fine del post seguiranno gli aggiornamenti sulla mia condizione.


Gennaio circa, un giorno imprecisato, Estero.

Si perchè io sono una fumatrice veramente per bene. Nel senso che chiedo se il fumo della mia sigaretta disturba in luoghi pubblici, non fumo se so che verrò a contatto con bimbi piccoli o donne incinte, evito di spipacchiare come una turca in presenza di chi non fuma, non impazzisco se non posso fumare per qualche ora a causa di particolari divieti. Ma mi piace fumare, da matti e da quasi venti anni, passando attraverso varie fasi: dal pacchetto abbondante al giorno, fino allo stabilizzarmi sulle 10-12 "paglie".

Ed al momento sono 48 ore che non fumo. 
E per ora senza grandi sforzi di volontà. 
Si, devo ammettere che la mia fortuna è l'essere una ipocondriaca del cazzo e la mia crisi pneumogastrocardiostomorendo, non si sa da cosa causata, casca proprio a fagiuolo. Mi spiego meglio: verso fine novembre, intenta in una sessione di step estremo nella speranza di perdere 15 kg in un paio di giorni, d'un tratto sento una specie di "CLACK" nel mio stomaco, direi più che altro alla bocca del mio stomaco. E da quel momento ho questo imbarazzante problema che on line viene chiamato col nome di "fame d'aria". Sostanzialmente mi sembra di non riuscire a respirare fino in fondo, di dover sbadigliare per incamerare più aria possibile e più ci penso più la cosa peggiora. 
Ora: in rete si trovano solo info che rimandano a problemi di ansia, ma io scialaquo. Al momento sono un pascià. Checcazzo di ansia posso avere?
E poi io ho sentito il "CLACK" a farmi pensare possa essere qualcosa di meccanico accaduto dentro il mio corpo. 
Quindi salta fuori una possibile ernia iatale. Ovviamente non grazie a visite mediche le quali hanno solo "confermato" che potrebbe essere un problema di ansia. Semplicemente grazie al maledetto Google. 
Quindi mi dico: smetto di fumare perchè sto morendo. Questa la mia autodiagnosi. 

Aggiornamenti
24 Maggio 2016, Italia.

Sarà ansia, sarà ernia iatale, sarà la vecchiaia precoce che incombe a 34 anni. 
Fatto sta che ancora non sono morta, ogni tanto ho lo stesso problemino e ho pure ripreso a fumare (presumibilmente 20 minuti dopo l'inizio di questo post, in Gennaio). 
Per chi fosse interessato, secondo me è ernia iatale. Anche perché prima e dopo i pasti aumenta il problemino "fame d'aria". 
Il prima mi fa pensare d'essere il cane di Pavlov. 
Tant'è che sembra essersi lievemente placato, ma sempre in allerta. 
Forse è ansia. Forse no. Il medico mi dice di si. Io però una bella gastroscopia me la vorrei proprio fare. Ma lui dice che sono una paranoica. 
Per ora sopravvivo. 
Il fatto è che se avessi solo fame d'aria almeno sarei un'acciughina ora. E invece no. Io ho fame d'aria ma pure di cibo. Sempre.